Ricevo da Franca Cavagnoli, professoressa di teoria e tecnica della traduzione inglese all'Università di Milano, questo appello presentato dall'associazione dei traduttori italiani, STRADE. In Italia si traduce sempre meno e spesso sempre peggio, soprattutto a causa del trattamento miserando con cui le case editrici liquidano i traduttori. In giro se ne parla sempre poco eppure quello della traduzione è un universo che va salvaguardato in quanto garantisce una fondamentale via di accesso al sapere. Anche se quasi nessuno se ne accorge.
Ci sono crimini peggiori del bruciare libri.
Uno di questi è non leggerli.
Iosif Brodskij
Perché i lettori continuino a leggere
Perché gli editori continuino a pubblicare
Un sostegno alla traduzione e ai traduttori
«Alcuni libri vanno assaggiati, altri inghiottiti, pochi masticati e digeriti», scriveva Francis Bacon. I pochi degni di masticazione sono sempre più difficili da trovare in un mercato che - come si legge nel rapporto annuale dell’Associazione Italiana Editori - è entrato in una zona d’ombra e, per la prima volta negli ultimi decenni, si allinea al segno negativo del generale contesto dei consumi.
Diminuiscono, soprattutto, le traduzioni: se nel 1997 erano quasi il venticinque per cento dei titoli pubblicati (un libro ogni quattro), oggi non si arriva nemmeno al venti. E se nel 1997 il 40,3% dei libri stampati e distribuiti erano di autori stranieri, oggi siamo scesi al 35,8%.
Inoltre, pur essendo il nostro un paese in cui - comunque - si continua a tradurre, le pubblicazioni si indirizzano sempre più a libri di facile consumo, a scapito di testi di qualità che spesso - ma non sempre - risultano appetibili per un mercato più circoscritto. La prima conseguenza è un ovvio impoverimento della cultura. Tradurre significa conoscere, dialogare, scambiare e far circolare idee e stili di vita; niente come una traduzione aiuta a comunicare - a rendere comuni e, dunque, di tutti - differenze e similitudini, stimolando la crescita culturale e civile dei popoli.
Ma tradurre costa. La traduzione incide in modo cospicuo sul prezzo di un libro ed è ormai diventata la prima voce di spesa da tagliare. In un contesto simile i traduttori editoriali italiani, già fra i meno pagati d’Europa, vedono peggiorare drasticamente la propria condizione. Accade sempre più spesso che si affidino incarichi a soggetti che si improvvisano traduttori anziché a professionisti in possesso delle necessarie competenze, a scapito ancora una volta della qualità e in un declino dei saperi al quale è urgente porre un argine.
È dunque per proporre opere di qualità da ogni parte del mondo in traduzioni di pari valore - alleggerendo i costi di traduzione per gli editori desiderosi di farle circolare - che chiediamo di seguire l’esempio di altri Paesi europei, istituendo un fondo nazionale che sostenga le traduzioni verso l’italiano e il lavoro dei traduttori editoriali, e permetta la diffusione di libri con un peso specifico culturale maggiore.
Chiediamo che tale sostegno sia articolato in vari ambiti, e in primis con un’integrazione ai compensi dettati dalle case editrici, così da favorire la pubblicazione di testi di consumo meno immediato in traduzioni adeguate. In questo modo il traduttore riceverà un compenso proporzionato alla complessità di opere che richiedono competenze particolari e tempi di lavorazione più lunghi, e l’editore sarà incoraggiato a pubblicare libri di qualità che esulino dalle logiche ferree del «mercato».
È inoltre necessario investire sulla formazione e sostenerla: che si tratti di formazione degli esordienti, in una sorta di «bottega» nella quale un traduttore esperto segua il neofita trasmettendogli il mestiere, o dei professionisti, con borse di studio che aiutino a coprire i costi di soggiorni di lavoro e ricerca all’estero, e con seminari e laboratori che favoriscano il confronto, lo scambio e l'aggiornamento costante. Andranno poi moltiplicati e potenziati spazi come le Case dei Traduttori, luoghi ideali di studio e di incontro fra chi scrive, chi traduce e chi legge.
Abbiamo allo studio alcune proposte stilate sulla falsariga di quanto già accade nel resto d’Europa e contiamo di poterle sottoporre presto a chi di dovere.
STRADE
Sindacato Traduttori Editoriali
Uno di questi è non leggerli.
Iosif Brodskij
Perché i lettori continuino a leggere
Perché gli editori continuino a pubblicare
Un sostegno alla traduzione e ai traduttori
«Alcuni libri vanno assaggiati, altri inghiottiti, pochi masticati e digeriti», scriveva Francis Bacon. I pochi degni di masticazione sono sempre più difficili da trovare in un mercato che - come si legge nel rapporto annuale dell’Associazione Italiana Editori - è entrato in una zona d’ombra e, per la prima volta negli ultimi decenni, si allinea al segno negativo del generale contesto dei consumi.
Diminuiscono, soprattutto, le traduzioni: se nel 1997 erano quasi il venticinque per cento dei titoli pubblicati (un libro ogni quattro), oggi non si arriva nemmeno al venti. E se nel 1997 il 40,3% dei libri stampati e distribuiti erano di autori stranieri, oggi siamo scesi al 35,8%.
Inoltre, pur essendo il nostro un paese in cui - comunque - si continua a tradurre, le pubblicazioni si indirizzano sempre più a libri di facile consumo, a scapito di testi di qualità che spesso - ma non sempre - risultano appetibili per un mercato più circoscritto. La prima conseguenza è un ovvio impoverimento della cultura. Tradurre significa conoscere, dialogare, scambiare e far circolare idee e stili di vita; niente come una traduzione aiuta a comunicare - a rendere comuni e, dunque, di tutti - differenze e similitudini, stimolando la crescita culturale e civile dei popoli.
Ma tradurre costa. La traduzione incide in modo cospicuo sul prezzo di un libro ed è ormai diventata la prima voce di spesa da tagliare. In un contesto simile i traduttori editoriali italiani, già fra i meno pagati d’Europa, vedono peggiorare drasticamente la propria condizione. Accade sempre più spesso che si affidino incarichi a soggetti che si improvvisano traduttori anziché a professionisti in possesso delle necessarie competenze, a scapito ancora una volta della qualità e in un declino dei saperi al quale è urgente porre un argine.
È dunque per proporre opere di qualità da ogni parte del mondo in traduzioni di pari valore - alleggerendo i costi di traduzione per gli editori desiderosi di farle circolare - che chiediamo di seguire l’esempio di altri Paesi europei, istituendo un fondo nazionale che sostenga le traduzioni verso l’italiano e il lavoro dei traduttori editoriali, e permetta la diffusione di libri con un peso specifico culturale maggiore.
Chiediamo che tale sostegno sia articolato in vari ambiti, e in primis con un’integrazione ai compensi dettati dalle case editrici, così da favorire la pubblicazione di testi di consumo meno immediato in traduzioni adeguate. In questo modo il traduttore riceverà un compenso proporzionato alla complessità di opere che richiedono competenze particolari e tempi di lavorazione più lunghi, e l’editore sarà incoraggiato a pubblicare libri di qualità che esulino dalle logiche ferree del «mercato».
È inoltre necessario investire sulla formazione e sostenerla: che si tratti di formazione degli esordienti, in una sorta di «bottega» nella quale un traduttore esperto segua il neofita trasmettendogli il mestiere, o dei professionisti, con borse di studio che aiutino a coprire i costi di soggiorni di lavoro e ricerca all’estero, e con seminari e laboratori che favoriscano il confronto, lo scambio e l'aggiornamento costante. Andranno poi moltiplicati e potenziati spazi come le Case dei Traduttori, luoghi ideali di studio e di incontro fra chi scrive, chi traduce e chi legge.
Abbiamo allo studio alcune proposte stilate sulla falsariga di quanto già accade nel resto d’Europa e contiamo di poterle sottoporre presto a chi di dovere.
STRADE
Sindacato Traduttori Editoriali
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