Dirò qualcosa di parecchio avventato e superficiale (non sono nessuno, io), e che sicuramente necessiterebbe di approfondimenti, riflessioni e contestualizzazioni più precisi: ma, alla fine del secolo scorso, critici e accademici, credo io, hanno avuto in qualche modo un ruolo fondamentale nell'assassinare per sempre l'interesse nei confronti della letteratura.
"L'esercitarsi consueto del contraddittorio letterario non più che ai margini del fatto poetico, negli ambulacri degli interessi di gruppo, e già il suo stesso risolversi nelle misure muscolari della polemica sembrano così sufficienti motivi d'astensione che il bisogno di postillare pubblicamente la quasi-eversione delle Occasioni ("Nuova Antologia", 1° aprile 1940) che Alfredo Gargiulo ha inteso contrapporre al celebre avvallo dato a Ossi di seppia, suona già come il migliore degli omaggi resi al critico. Al critico, intendiamo, e non al suo nome, poichè non è qui in gioco una fiduciaria riconoscenza verso il sosternitore veterano dei valori nuovi e il fascino ascetico della sua grammatica ignuda e articolatissima, ma proprio la vitalità del suo contributo attuale a un autore, e alla poesia: né varrebbe la pena d'intervenire, in liena di principio, se nell'analisi, quanto più concreta e coraggiosamente esemplificata sui testi, non fossero impegnati valori molto generali. Non vorremmo poi che si sospettasse, nell'intervento d'un contraddittore, una risposta ab homine: in relazione, insomma, all'eccezione universale d'incompentenza (tolo un solo nome) che la chiusa del saggio solleva contro i critici delle Occasioni, quantitativamente numerosi."
Da Gianfranco Contini, "Di Gargiulo su Montale", Una lunga fedeltà. Scritti su Eugenio Montale, Einaudi, 1974/2002, p. 49 [è un saggio su Montale ma il nome di questi appare solo dopo una pagina e mezza.]
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