Negli ultimi decenni dell’Ottocento e nei primi del
Novecento, le grandi città europee subiscono cambiamenti e innovazioni che ne
mutano, per non dire stravolgono, indelebilmente l’aspetto e l’impatto sulla
mentalità comune. E più crescono le città, paradossalmente, e più l’uomo si fa
piccolo, insicuro, svuotato. È soprattutto la letteratura modernista a farsi
portavoce di questi nuovi sentimenti, complessi e spesso contraddittori, ma
sempre dominati da un sentore di tragedia e ineluttabilità, connessi alla
metropoli moderna.
Fra i testimoni più noti di questo sgomento modernista c’è
sicuramente il poeta T.S. Eliot e lo è diventato in particolare per il
celeberrimo passo in cui, nella prima parte del suo poemetto The Waste Land,
“The Burial of the Dead”, ci descrive quella che lui chiama la “unreal city”.
Il poema è stato composto fra il 1919 e il 1921, poi pubblicato nel 1922, e
dunque ben ci descrive il sentimento di una generazione che non solo deve
affrontare i tumultuosi mutamenti della vita urbana portati dalla modernità di
masso, ma lo deve fare anche in un momento storico, quello del primo
dopoguerra, di grandi sconvolgimenti e insicurezze.
(continua a leggere qui)
Nessun commento:
Posta un commento